Se non sono un po’ fuori di testa non sono dei veri gattari. E mi ci metto anche io che sto andando a Lucca a vedere la Mostra Internazionale Felina. Anche io sono un gattaro, ma ho una scusante per questa fissa: sono un gattaro 3.0. Nel senso che non ho un gatto vero, ma la mia bacheca di Facebook, il feed del mio Instagram, le sponsorizzate: sono tutte a tema “gatti”. Sono vittima del gattismo come lo sono del consumismo, si tratta di una dipendenza indotta da un mercato che mi ha intercettato.
Colpa dei like, gliene faccio tanti ma sono troppo teneri, troppo intelligenti, troppo comici, troppo meglio dei cani. E come tutti i bisogni indotti le mie emozioni vengono stimolate fino a che si tratta di fantasticare, visto che nella realtà non credo che avrò mai un gatto. Cioè un conto è fare like, un altro è pulire quando vomita o doverlo seppellire quando inevitabilmente ti lascia (un dolore che mi spezzerebbe). Sono così drogato di gattini che ho pure comprato un manuale su come educarli senza mai averne avuto bisogno e adesso, sulla scia di questo impulso, sto guidando verso Lucca, per godermi una gara di bellezza tra animali. Eccitato come un bimbo, canto: «Forza Lucca, viva Lucca, tutta Pisa ce lo puppa». È incredibile come il cervello possa immagazzinare dati e riproporteli nel contesto giusto. Si tratta del ritornello di un pezzo raggae di una band lucchese che ascoltavo nei primi anni duemila. Non ricordo nemmeno il loro nome, solo il fatto che erano lucchesi.
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