Gli ultimi arrivati nei palazzi del potere si chiamano Nomi e Noé, arruolati dal ministero degli Esteri francese. Come tutto il resto di Parigi, anche il sontuoso palazzo sul Quai d’Orsay è infestato dai topi. Il rischio che vengano rosicchiati gli originali della Pace di Westfalia o del Trattato di Versailles è troppo grande. La copia di gatti Nomi & Noé ha quindi l’incarico di derattizzare il ministero. Una soluzione ecologica e economica, praticamente pagante e affettivamente appagante.

È l’ennesima conferma di una tendenza chiara: è sempre più cat power. Il ribaltamento delle gerarchie a quattrozampe è ormai completo. Un tempo, l’animale del potere era il cane, simbolo di fedeltà e compagno nello sport nobile per eccellenza, la caccia. Tiziano ritrae Carlo V in piedi mentre accarezza un magnifico cagnone. Nonostante la sua massima, «A teatro bambini e cani sono roba da ruffiani», Luchino Visconti nel Don Carlo faceva entrare Filippo II accompagnato da due elegantissimi levrieri. Elisabetta II, sovrana agée anche come usi, si circonda di cani corgi, non potendo tenere in salotto gli esseri più amati, che per lei sono sempre stati i cavalli.

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