Quindici miglia non bastano per parlare di distanza di sicurezza. Di certo, non sarebbero sufficienti a salvare balene e delfini dal bombardamento di aria compressa che avrebbe come obiettivo quello di cercare petrolio e gas in mezzo al mare. Il progetto di una multinazionale norvegese si ferma davanti al Santuario dei Cetacei, l’oasi dei mammiferi marini che si trova tra Sardegna, Corsica, Liguria, Toscana e Principato di Monaco.
L’idea dei norvegesi era quella di andare alla ricerca di idrocarburi con la tecnica dell’air-gun, un metodo che secondo tutti i biologi avrebbe messo a soqquadro l’area protetta in cui vivono indisturbate balene e tartarughe e tante altre specie protette. Il piano era quello di sparare nel fondale raffiche di aria compressa che avrebbero consentito ai geologi di capire se nel fondale al largo della Sardegna si nasconde davvero un ricco giacimento. Ma i 260 decibel di ogni esplosione, secondo studiosi e ambientalisti, rischiano di far perdere l’orientamento ai cetacei e di creare gravissimi scombussolamenti all’habitat di questa grande fetta di Mediterraneo.
vai a La Stampa