A vederlo sembra un tranquillo pensionato gallego di 72 anni. Profonde rughe sul viso, come fosse una borsa di cuoio trascinata per lungo tempo.
Ma il nonnetto, quando va per una passeggiata nei fitti boschi della provincia di Orense, nel Nord della Spagna, fa perdere le sue tracce per giorni, per poi restituirsi alla civiltà, senza nemmeno un graffio, senza tradire un qualcosa di animalesco nel comportamento. «Pensi che fino a quasi 18 anni preferivo camminare nudo, senza scarpe, come un quadrupede nell’imbarazzo più totale delle famiglie che puntualmente mi adottavano e poi mi riportavano in orfanatrofio», spiega a Il Giornale Marcos Rodriguez Pantoja che ha vissuto una vita uscita dalle favole della Walt Disney. La sua infanzia sembra essere copiata da quella di Mowgli o di Tarzan, con l’unica differenza che Marcos ha avuto per davvero come genitori, per quasi dodici anni, una famiglia di lupi.
La Spagna che ama più i tori che i lupi, ha quasi dimenticato la sua formidabile esistenza, vergognandosene, incapace di spiegarla con i suoi eminenti professori. Soltanto l’antropologo e scrittore Gabriel Janer Manila, quando Marcos aveva 29 anni e si arrampicava ancora sulle rocce, correndo di notte nudo nei boschi, lo aiutò a ricordare i suoi giorni coi lupi per le montagne nevose della Castilla-La Mancha. «El niño lobo», il bambino lupo di sberle ne ha prese tante nella vita. La madre morì di parto quando lui aveva tre anni, il padre lo portò con i tre fratelli a Madrid, dove visse di stenti fino ai sei, quando la matrigna lo scambiò per tre caciotte di capra e due filoni di pane con un pastore che batteva le montagne della Sierra Morena. «Era il 1954, lascio una modesta casa di mura di gesso e tetto di paglia per una grotta, dove la notte il pastore mi teneva legato», racconta Marcos con gli occhi sottili e grigi, plasmati in fessure dalla luce abbacinante delle montagne innevate. «Avevo sei anni: la mia matrigna mi maltrattava tutto il giorno, sfogava su di me tutte le frustrazioni della povertà, mentre mio padre spariva nei boschi per lunghe giornate. Col pastore diventai il suo quarto cane da guardia del gregge. Imparai a camminare a quattro zampe per nascondermi nel gregge e spaventare i lupi che ogni notte si avvicinavano nell’ombra affamati. Ero tanto ingenuo, quanto coraggioso».
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