Ogni anno sono circa 30 milioni i cani e gatti che vengono macellati per il consumo umano in vari Paesi dell’area asiatica: Cina, Vietnam, le due Coree. Ma anche l’insospettabile Giappone, dove sono stati censiti almeno 100 ristoranti che li hanno in menu, o l’isola di Bali, paradiso indonesiano delle vacanze e inferno per i quattrozampe. Nel 70 per cento dei casi si tratta di animali rubati a famiglie; il restante 30 arriva da allevamenti improvvisati, dove cuccioli prodotti in serie dalle puppy farm vengono chiusi in piccole gabbie in cui trascorreranno la loro intera esistenza senza mai mettere zampa a terra, nutriti con scarti di negozi e ristoranti, considerati solo come materia prima. E questa non è neppure la parte peggiore della storia. Una volta raggiunte le dimensioni adeguate, prima di essere uccisi, gli animali vengono fatti volutamente soffrire — picchiati, torturati, sottoposti a scosse elettriche, scuoiati vivi —, in ossequio all’assurda credenza secondo cui l’adrenalina prodotta nei momenti di terrore renderebbe la carne più tenera e più saporita.
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