Tutti i cani sono splendidi, e alcune razze sono semplicemente meravigliose: io stesso, come ormai sanno bene i lettori di questa rubrica, sono follemente innamorato dei pastori maremmani abruzzesi. E tuttavia, se proprio dovessi scegliere, se fossi costretto a indicare qual è il cane che più di ogni altro rappresenta la specie e che dunque merita di essere salvato da una qualche apocalissi, sceglierei un meticcio – quello che un tempo si diceva bastardo e che noi in famiglia chiamiamo «cane di razza cane». Chi ne ha avuto uno sa bene di che cosa parlo: il coinvolgimento emotivo può essere travolgente, ed è sempre un’esperienza straordinaria.
Stella è un’esponente perfetta della sua non-razza: taglia media, mantello prevalentemente nero a pelo corto, zampe focate che potrebbero essere di un pastore tedesco, muso vagamente da bracco, coda imponente. È stata raccolta in un paese qui vicino quando non aveva un anno e, forse in virtù delle abitudini contratte nella sua vita precedente, quasi ogni giorno si fa una lunga passeggiata fra i campi e le cascine del vicinato, e qualche volta scompare anche per un paio di giorni. È normale che un meticcio si comporti così, se è nelle condizioni di poterlo fare, perché il suo territorio è assai più vasto del giardino del suo compagno umano: per millenni i meticci sono stati «cani da villaggio», che giravano per le case in piccoli branchi senza necessariamente appartenere ad una famiglia, e un certo tasso di nomadismo è stato, e spesso è ancora, essenziale per la sopravvivenza. Stella resta fedele alla tradizione, sebbene il cibo non le manchi: del resto, è evidente che va vagabondando perché le piace incontrare altri cani e altri umani.

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