Memorabile più di altri resterà questo Fiandre di Van der Poel, che fino a poche settimane fa nemmeno era sicuro di correrlo, figuriamoci vincerlo. Lo merita con una condotta di gara più lucida di altre volte, resistendo a Pogacar sugli strappi senza cercare altre avventure e risparmiando le energie, e lo conquista con uno sprint da crossista, scattando nei duecento metri finale quasi da fermo, un surplace che consente a Van Baarle e Madouas di rientrare e soffiare il podio al bimbo sloveno. ‘Con quel che ho passato mi sembra tutto incredibile: Pogacar mi ha portato al limite, per fortuna negli ultimi chilometri sono riuscito a far riposare un po’ le gambe’, dice Vdp dopo il lungo abbraccio con la fidanzata sul traguardo.

Sembrava un altro giorno da Pogacar, come tutti quelli in cui il fenomeno scopre una classica nuova, e invece è il trionfo di Van der Poel, 27 anni, figlio di Adri che nell’albo d’oro del Fiandre c’è dagli anni Ottanta, e nipote di Polidour al quale lo scorso anno, prima di cominciare il calvario con la caduta ai Giochi, ha dedicato la gioia della maglia gialla al Tour. Un campione vero, forgiato dal cross dove ha vinto quattro titoli iridati fra gli elite, confermatosi poi sulla strada, dove conta un’Amstel, anche questa come papà, e una Strade Bianche, oltre a piazzamenti vari nelle grandi classiche, chiuse nei primi dieci praticamente sempre.

Bel bagaglio, al quale Vdp pur già sofferente ha aggiunto il terzo posto nella Roubaix di Colbrelli, prima di dedicarsi all’inverno: avrebbe voluto dedicarsi all’amato cross, ma la schiena gli ha consigliato di fermarsi, ricominciando a pedalare soltanto a dolori scomparsi. Percorso che gli ha consentito di ripresentarsi in gran spolvero alla Sanremo, chiusa sul podio, di vincere un paio di corse e di affrontare il Fiandre senza nascondersi (‘Punto al bis’), come fanno i fenomeni, gli unici in grado di battere quelli della loro razza.

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