Non c’è altezza o posizione che tenga. L’istinto di un gatto lo porterà sempre ad atterrare sulle quattro zampe. Ed è tutta una questione di fisica, o meglio, di riflessi: quando inizia una caduta, l’apparato vestibolare nelle orecchie comunica rapidamente con gli occhi, riuscendo così a determinare la posizione esatta da tenere per cadere in piedi, o comunque nel modo meno impattante possibile.
Corpo anti caduta
I gatti vantano un’invidiabile elasticità della colonna vertebrale, oltre all’assenza della clavicola che gli conferisce maggiore possibilità di movimento. Quando l’istinto dice loro di girarsi rapidamente, riescono ad inarcare la schiena e puntare le zampe verso il basso solo perché le loro vertebre non sono rigide come le nostre e attutiscono l’impatto col terreno senza danni. Altro plus sono i cuscinetti che hanno sotto le zampe, che fungono proprio come degli ammortizzatori, rendendo l’atterraggio più dolce. E anche la coda sembra aiutare nella capriola.
La prova scientifica
La capacità dei gatti di atterrare sulle zampe ha a lungo sconcertato gli etologi. Il primo a studiarne la tecnica fu il fisiologo francese Etienne-Jules Marey, nel 1894: utilizzando una fotocamera cronofotografica è riuscito a catturare una caduta con 60 fotogrammi al secondo, riuscendo per la prima volta a vedere a rallentatore i movimenti che permettono ai felini di girarsi in aria.
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